Istruzioni per l’uso
Mi è capitato più volte di imbattermi in problematiche di dipendenza affettiva riportate tanto da donne quanto da uomini. Nasce quindi un servizio dedicato, presso il mio Studio, all’ interno del quale affrontare la problematica con un percorso di 8 sedute individuali. Il percorso è stato studiato per racchiudere tutti gli elementi utili ad uscire dal buco nero della dipendenza affettiva e riprendere in mano la propria vita in maniera autonoma e consapevole. Per info e dettagli si prega di contattare il 329-9338727
Di seguito l’articolo riportato su www.riza.it:
“E adesso che sono da solo, come farò?”; “Ho bisogno di persone su cui poter contare”; “Per fortuna che c’era lui, se no chissà come avrei fatto!” e via dicendo. Sono solo alcune delle espressioni tipiche di chi vive se stesso come fragile, bisognosa di “appoggi” esterni, non autosufficiente a livello emotivo. Una percezione di sé che ha certo radici lontane nel tempo, e che obbliga chi la vive a stabilire dei rapporti di forte dipendenza psicologica da altre persone. Un obbligo che limita fortemente le libertà di scelta e di azione e che inquina talora irrimediabilmente la qualità sia della vita della persona, sia le relazioni con le “figure di riferimento”. Ma questa fragilità così limitante può svanire davvero, se siamo disposti a “sperimentare” un altro sguardo su noi stessi. Come fare?
Le persone che si considerano più fragili, dipendenti e bisognose spesso sono proprio quelle che nei momenti più difficili si dimostrano forti e determinate: ad esempio dover prestare soccorso, restare lucidi quando qualcuno ha bisogno, offrire presenza e aiuto in condizioni anche impossibili. Situazioni con due caratteristiche significative.
– Sono estreme e urgenti, cosa che fa dimenticare alla persona “fragile” di essere fragile e la fa dunque agire per come è e non per come pensa di essere;
– Riguardano gli altri, cosa che consente alla persona di mettere la sua esperienza di “fragilità” al servizio di chi soffre e di chi ha bisogno: chi meglio di loro può comprendere il disagio?
Se la fragilità è soprattutto un idea (sbagliata) di sé
Esistono situazioni reali nelle quali il cervello dell’insicuro produce una “chimica” della sicurezza, della forza e dell’autonomia. Non è un segreto che chi soffre d’ansia o di panico non ha mai una crisi davanti a una persona che a sua volta ha un attacco di panico: anzi, lucidamente la aiuta a superare quel momento, diventando per lei un forte punto di riferimento. Ciò dimostra che la fragilità è un’idea, è il modo in cui nel tempo abbiamo imparato a guardarci, uno sguardo deviato prodotto in altri tempi da un’altra coscienza, quella sì più fragile. Appena si abbandona quell’idea, l’autonomia sgorga con la sicurezza dell’energia vitale.
Nella dipendenza spesso ci si crogiola
Purtroppo le esperienze di forza e autonomia che la persona fa in condizioni “estreme” non “sedimentano”, non creano un’autostima stabile: non bastano a cambiare un modo di essere. Anche perché nella dipendenza c’è comunque una sorta di comodità e di compiacimento.